Anno 2006

P R O G R A M M A

Ottorino Respighi: due brani da “Antiche danze ed arie per liuto”
“L’Italiana” e “La Siciliana”
Molti compositori del primo novecento videro nella musica rinascimentale e barocca, con le sue forme nitide, brevi e concise, una fonte di ispirazione per reagire alla ridondanza del linguaggio romantico del secolo passato: musicisti come Stravinskij, Ravel, Satie, si riconobbero in questi modelli antichi e si accinsero in vari modi ad elaborarli, a trascriverli o ad imitarli. L’interesse di Respighi per questa musica fu costante e portò il compositore a produrre diversi brani ispirati al passato: una “Suite per archi” (1902), una “Suite per archi ed organo” (1906) e le più famose suites di “Antiche arie e danze per liuto” (1932), di cui qui presentiamo l’”Italiana” e la “Siciliana”, libere trascrizioni per orchestra d’archi di temi di compositori anonimi della fine del XVI secolo.

Andrea Mormina: “Di vento”
È un brano molto lineare, narrativo, che nasce dall’idea di catturare le sensazioni profonde legate al rapporto con l’elemento naturale.  L’essenzialità  formale del brano non si riverbera in una altrettanto facile esecuzione musicale, poichè la parte strumentale è ritmicamente molto complessa, intrecciata e sempre in movimento, quasi un “motore” su cui il coro adagia le proprie semplici armonie.

Giovanni Gabrieli:  “Canzon prima La Spiritata”
L’opera da cui è tratto il brano, del 1608,  porta la dicitura ”Canzoni per sonare con ogni sorte di stromenti”. Questa indeterminatezza riguardo alla scelta degli strumenti per l’esecuzione appare molto lontana dalla precisione con cui oggi si attribuisce ogni “parte” musicale ad un preciso strumento, e testimonia la concezione profondamente diversa riguardo al “timbro”, che si aveva nel Rinascimento e nel primo Barocco, tenuto anche conto che  la musica propriamente strumentale muoveva allora i primi passi.
Lo stile del brano è  “imitativo”: gli strumenti si rincorrono  quasi rubandosi l’un l’altro le figurazioni melodiche che vengono via via proposte, in una sorta di “canone perpetuo”.

Claudio Monteverdi: “Beatus vir”
Pubblicato nel 1640,  appartiene alla serie di brani scritti per la Chiesa di San Marco a Venezia, dove  Monteverdi fu attivo in quegli anni. E’ una composizione a sei voci e tre parti strumentali, con una spiccata propensione al dialogo fra le varie sezioni corali; è caratterizzata dall’uso diffuso del ”madrigalismo”, quella tendenza a rendere manifesto in musica ogni significato psicologico del testo, quasi una “pittura sonora” che riveste le parole di partecipazione emotiva. Brevi motivi ricorrenti aiutano l’ascoltatore a ritrovarsi nell’estrema varietà delle frasi melodiche che si susseguono; la parte finale è decisamente corale e compatta, ed arriva a sostanziarsi in un “gloria, et in saecula saeculorum, amen” di grande efficacia e bellezza.

P R O G R A M M A

Felix Mendelssohn: “Sinfonia n° 10 in si minore”, “Mottetto op. 69 n° 1”
I modelli del passato furono determinanti anche nella formazione di un musicista come Mendelssohn, figura atipica nel panorama della musica ottocentesca. Il romanticismo aveva voltato le spalle alla musica dei secoli precedenti: né l’intricata costruzione polifonica barocca, né le razionali formule dell’epoca di Haydn e Mozart  rispondevano a quell’impellente necessità di esprimere sentimenti, che caratterizzava l’ideale romantico. Il giovanissimo Mendelssohn fu invece stimolato dal suo maestro F. Zelter ad un rigoroso studio del patrimonio musicale del passato, la cui sintesi si ritrova nelle 12 Sinfonie per archi composte dal 1821 al 1823 (terminate quando il musicista aveva appena 14 anni). Non si tratta, però,  di aride esercitazioni scolastiche: la forza espressiva del grande compositore traspare con evidenza già nel lirico adagio introduttivo di questa sinfonia e nella tensione della scrittura strumentale di tutto l’allegro. Per quanto riguarda la sua musica sacra, sappiamo che essa nasce da una forte necessità interiore e dall’amore per le opere di antichi maestri quali Palestrina, Schutz e in particolare J.S. Bach, da Mendelssohn riscoperto dopo quasi un secolo di oblio. Da una lettera del luglio 1831: “Se le mie composizioni hanno qualche somiglianza con quelle di Bach, non posso farci nulla, poiché le ho scritte voce per voce nell’ispirazione del momento, e se quei testi mi hanno impressionato come era stato per il vecchio Bach, ne sono solo contento”.

Andrea Mormina: “Pater Noster”
L’opera si richiama ad un’idea di relazione con il divino libera da dogmi, sentita come intimo e diretto rapporto con il sacro,  visione di religiosità semplice e ancestrale. Il brano riprende gli stilemi musicali della polifonia occidentale, si richiama a Claudio Monteverdi ed al primo seicento, con l’innesto di alcuni elementi ritmici legati alle esperienze del novecento. La libertà nell’accostare materiali così eterogenei e storicamente distanti incarna un’idea di post-moderno che oggi trova la forza di emergere, a dispetto delle consuetudini compositive che hanno scandito un po’ dogmaticamente la musica contemporanea, e che, a fronte di un’apparente libertà espressiva, hanno appiattito molti musicisti su schemi prevedibili e, paradossalmente, accademici. Ma, infine, per un autore, ciò che davvero conta è il sentire la “necessità” e “inevitabilita’” del percorso musicale intrapreso.

W. Amadeus Mozart: “Misericordias Domini” Offertorio K222
Il concerto si conclude con un’opera poco conosciuta di W.A. Mozart. L’offertorio “Misericordias Domini”, composto a Monaco nel 1775, offre un notevole saggio di tecnica contrappuntistica in cui il compositore elabora magistralmente i temi musicali in complesse combinazione polifoniche. Il brano fu inviato da Mozart a Padre Martini, l’illustre teorico musicale che a Bologna nel 1770 aveva impartito le mai dimenticate lezioni di contrappunto. Ecco alcuni stralci della lettera che Mozart allegò alla composizione: “La venerazione, la stima e il rispetto che porto verso la di lei Persona mi spinse di incomodarla colla presente e di mandargli un debole pezzo di mia musica, rimettendola alla di lei Giudicatura (…). Lei è ardentemente pregato di dirmi francamente, e senza riserva, il di lei parere. Viviamo in questo mondo per imparare sempre industriosamente, e per mezzo dei ragionamenti di illuminarsi l’un l’altro, e affaticarsi di portar via sempre avanti le scienze e le belle arti (…).”

Orchestra d’archi SanZeno
Violini:
Elena Ponzoni, Diego Castelli, Lisa Ferri, Elena Colella, Chiara Aldiri, Antonella La Donna, Pierdaniel Cornacchia, Ugo Martelli, Giorgio Tosi
Viole:
Paolo Fumagalli, Roberto Tarenzi
Violoncelli:
Laura Stella, Nadia Bianchi
Contrabbasso:
Andrea Quaglia

Concerto alla chiesa di S. Ambrogio, piazza Gramsci, Cinisello Balsamo

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