P R O G R A M M A
GABRIEL FAURE’ (1845 – 1924)
“Requiem”
Maestro di Maurice Ravel, e annoverato fra i padri dell’impressionismo musicale, Fauré compose nel 1888 un “Requiem” molto diverso dai precedenti di Mozart, Berlioz e Verdi, nei quali prevale una visione terrifica e apocalittica della morte. L’opera di Fauré è, invece, pervasa di serenità e beatitudine, di un’espressività intima e raccolta, ispirata da un sentimento di accettazione del destino umano. Lo stesso compositore così scrive: “Si è detto che il mio Requiem non esprime la paura della morte (…) Ma è così che io sento la morte: come una gioiosa liberazione, un’aspirazione alla felicità dell’aldilà, piuttosto che come un passaggio doloroso”.
ANDREA MORMINA
“Di sogno” e “Monadi incrociate”
“Di sogno”, dalle sonorità delicate, e “Monadi incrociate”, serrato dialogo fra arpa e piano, pur molto diversi, sono brani contemporanei di stile “neotonale”, che riscoprono rapporti armonici consonanti che si pensavano per sempre esclusi dalla “nuova musica”. Non si deve, tuttavia, pensare ad una semplice imitazione dei maestri del passato, ma, al contrario, ad un’ampliamento della libertà compositiva, che consente di spaziare fra generi e periodi storici, senza per questo ridurre l’opera ad un esercizio di stile. Traspare in questi brani la ricerca di una dionisiaca “rivincita del suono”, dunque del corpo, sulla “speculazione sopra i suoni”, cioè sulla mente.
BENJAMIN BRITTEN (1913 – 1976)
“A Ceremony of Carols”
“A Ceremony of Carols”, opera scritta da Britten nel 1942, si fonda su poesie medioevali e rinascimentali inglesi, di argomento natalizio. Per arpa e voci femminili – bianche nell’originale – mantiene sonorità trasparenti, alternando scrittura tonale e modale, con qualche dissonanza che ne rivela la matrice moderna: rilevante la parte affidata all’arpa, usata qui, insolitamente, con caratteri quasi “percussivi”.
STANDARDS JAZZ
Duke Ellington, “Don’t get around much anymore” – Richard Rodgers, “My funny Valentine” – George Shearing, “Lullaby of Birdland”
I tre brani che chiudono il concerto sono arrangiamenti vocali di famosi temi jazz.
La vasta produzione di Duke Ellington, compositore, pianista e direttore di jazz band, comprende opere di vario genere: dai semplici “songs” alle suites di jazz per varie formazioni strumentali fino a vere e proprie composizioni sinfoniche.
Innumerevoli sono i temi ellingtoniani divenuti famosi: citiamo solo “Don’t get around much anymore”, “Cotton tail”, “Caravan”, “In a sentimental mood”.
Altrettanto conosciuto è “My funny Valentine” di Richard Rodgers, compositore di musica per film e di musical, autore di altre canzoni famose quali “Blue moon” e “My favorite things”. La gradevolezza della linea melodica ne fa un tema particolarmente adatto all’arrangiamento per sole voci.
L’ultimo brano è di George Shearing, pianista inglese leader di un quintetto che ebbe grande successo negli anni ’40 e ’50. “Lullaby of Birdland” è il suo standard più conosciuto ed è stato variamente elaborato; tra le versioni vocali più celebri ricordiamo quelle di Sarah Vaughan e Dee Dee Bridgewater.